Gli Italiani e l’autocrazia
Di Ennio Chiodi
Gli Italiani ne hanno le tasche piene. Più che arrabbiati sono rassegnati. Lo certifica l’ultimo rapporto del Censis, il più autorevole Istituto di ricerca socio-economica del Paese: ci racconta di un’Italia stanca, impoverita, invecchiata che perde gradualmente i riferimenti tradizionali. Il 72% degli Italiani non ha più fiducia nei partiti, nei leader politici e nelle istituzioni rappresentative, Parlamento compreso. Perdono l’orientamento, una direzione rassicurante verso cui puntare con fiducia e speranza. “Si è spento – ci avvertono dal Censis – ogni sogno collettivo in cui riconoscersi”. L’allarme più inquietante riguarda il futuro: ben il 30% degli Italiani pensa che le “autocrazie” siano più adatte a tempi di disgregazione sociale, di crisi economica, di instabilità globale, di immigrazione senza controllo. Il rapporto definisce “età selvaggia” il periodo che stiamo vivendo con elevato debito pubblico, con un ceto medio sempre più impoverito e con il “welfare”, le politiche sociali, sotto stress. Buona parte vuole affidarsi alla delega, auspicando un “regime forte” che risolva, senza tante storie, i problemi che ci accompagnano, piuttosto che “pretendere” più partecipazione e più coinvolgimento nelle scelte della politica. Il problema profondo resta, tuttavia, l’offerta disponibile perché un elettore possa sentirsi motivato e considerare il suo voto utile a costruire una società più simile a quella desiderata. Se un consumatore non trova per diverso tempo prodotti che lo soddisfino, almeno in parte, semplicemente non va più al mercato. Insomma è l’offerta che incoraggia la domanda. I protagonisti del “mercato della politica” dimostrano invece scarso interesse ad allargare la platea dei “consumatori”: preferiscono tenersi stretti quelli fedeli al loro prodotto e alla loro offerta “ideologica”, invece che correre il rischio di perderne qualcuno con nuove e più coraggiose offerte di marketing. La conseguente proposta politica è sempre più “targettizzata”, mirata agli elettori già fidelizzati e trascura, spesso con arrogante supponenza, le attese di chi si riconosce sempre meno in quei partiti e cerca casa disperatamente. Il nostro sistema prevede di fatto un bipartitismo imperfetto con poco pluralismo all’interno delle coa- lizioni, in particolare sul lato sinistro del panorama. Liste di fatto bloccate non aiutano. L’astensione assottiglia la platea degli elettori, favorisce un’ulteriore polarizzazione e rassicura gli inquilini dei Palazzi che potrebbero però – di questi tempi – essere risvegliati da brusche novità. Se non si rimette al centro il ragionamento, la ricerca ostinata di un consenso condiviso, le ragioni della partecipazione, i rischi sono questi.
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