«Giovani, cercate e rischiate!»

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L’ora di religione. Mentre genitori e studenti sono chiamati a scegliere se avvalersi o meno dell’insegnamento, noi siamo andati a leggere gli ultimi dati degli iscritti e ci siamo confrontati con don Luca Ghiacci, direttore dell’Ufficio Scuola diocesano. Intanto la Cei lancia un appello

Gennaio è il mese in cui si progetta il futuro di un intero anno, anche di quello scolastico e proprio in questo periodo, infatti, si aprono le iscrizioni alla scuola dell’obbligo. Genitori e studenti sono chiamati a scegliere quale percorso scolastico intraprendere e, contestualmente, se avvalersi dell’Insegnamento della religione cattolica (Irc), materia che impegna gli studenti per 33 ore all’anno, che diventano 66 nella primaria.

Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, qualche giorno fa ha dichiarato che l’insegnamento della religione spinge ad «andare alle radici della nostra civiltà», costituendo un’occasione di «confronto e dialogo su principi etici e morali che da sempre accompagnano le civiltà nel loro cammino». L’Irc è patrimonio di tutta la scuola, «uno spazio di libertà in cui i giovani si sentono ascoltati e in cui affrontano temi che altrimenti non avrebbero la possibilità di approfondire».

Nella scuola italiana l’Irc è percepita come un’opportunità di formazione culturale e umana che le famiglie e gli alunni scelgono liberamente, come emerge dai dati annuali raccolti dalla Conferenza episcopale italiana, con la collaborazione delle Diocesi. Il totale di coloro che si avvalgono dell’insegnamento è pari all’84,05%, con una diminuzione dello 0,39% rispetto all’anno precedente. Nel dettaglio, nelle scuole dell’infanzia si avvale l’87,69% degli alunni, nelle primarie l’88,13%, nella secondaria di primo grado l’85,15% e nella secondaria di secondo grado il 78,03%. È particolarmente significativo l’alto numero di adolescenti che sceglie l’Irc, che magari frequentano poco le parrocchie o i gruppi ecclesiali, ma non rinunciano a uno spazio di approfondimento nella loro formazione scolastica. L’Irc, infatti, permette di conoscere le principali tradizioni religiose e offre un contributo anche alla lotta contro ogni forma di pregiudizio e intolleranza, come per esempio l’antisemitismo che oggi è quanto mai attuale.

Molto importante è il ruolo degli insegnanti, coordinati dagli Uffici diocesani per la Pastorale scolastica, che sono «educatori preparati e appassionati che arricchiscono l’esperienza scolastica con un’occasione unica di dialogo, approfondimento culturale e confronto interdisciplinare», come ha sottolineato il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei. La Presidenza della Conferenza episcopale italiana ha pubblicato un messaggio in vista della scelta per l’anno scolastico 2024/25 e ha definito la materia “una preziosa opportunità formativa, che arricchisce il percorso scolastico promuovendo la conoscenza delle radici e dei valori cristiani della cultura italiana”.

“Sono trascorsi quasi quarant’anni da quando, con l’Accordo di revisione del Concordato del 1984 e la successiva Legge di ratifica del 1985, l’insegnamento della religione ha assunto il profilo attuale: – si legge nel messaggio – quello di una disciplina scolastica aperta, aggiornata dal punto di vista pedagogico e didattico, adeguata all’oggi, attenta ai bisogni educativi delle persone e condotta nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ognuno. Un valido momento di studio e di dialogo, fatto proprio ogni anno dalla stragrande maggioranza di studenti e di famiglie”.

“L’ampia partecipazione attesta – aggiungono i vescovi italiani – la qualità formativa di tale insegnamento e, allo stesso tempo, richiama a una responsabilità e a un’attenzione da parte di tutti; la relazione che si instaura fra insegnanti e alunni fa sì che si possano intercettare tematiche culturali ed esistenziali altrimenti non trattate a scuola. In un momento come l’attuale in cui si moltiplicano, da parte dei ragazzi, le domande di ascolto e di vicinanza, l’alleanza educativa tra Chiesa e scuola su cui si fonda l’Irc si rivela una risorsa assai preziosa”. Concludono indirizzando “un pensiero particolare ai giovani chiamati per la prima volta a scegliere personalmente l’insegnamento della religione cattolica”: “Cercate e rischiate! Abbiate il coraggio di sostituire le paure con i sogni!”.

A questo appello si unisce anche il direttore dell’Ufficio pastorale della Scuola della nostra Diocesi, don Luca Ghiacci, convinto che «l’ora di religione possa contribuire allo sviluppo delle doti critiche degli allievi, rendendoli capaci di scelte consapevoli, motivate e responsabili, in vista della loro crescita professionale e civile». È fondamentale, però, un continuo aggiornamento e un’attenta preparazione del corpo docente per non alimentare la passività o “la tentazione di non far niente” durante l’ora scolastica. Con la revisione del Concordato, anche lo Stato italiano ha riconosciuto il valore culturale della religione cristiana cattolica come fondamento della società italiana. Da “Religione cattolica” si è passati alla dicitura “Insegnamento della Religione cattolica”, cioè una realtà con appropriati programmi nazionali, libri di testo e un orario definito e garantito dallo Stato. Secondo Ernesto Diaco, responsabile del Servizio nazionale per l’Irc, l’insegnamento è «patrimonio di tutta la scuola e non solo di una parte» e si fonda su una «alleanza educativa tra Chiesa e scuola, tra Chiesa e Stato, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».

In una società multietnica la scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica anche da parte di chi non si professa cattolico, indica la necessità di maggiore «inclusione e confronto tra la cultura italiana e quelle di provenienza dei diversi alunni, diventando così momento efficace di cammini che educhino a una cittadinanza attiva, tanto auspicata». L’ora di religione è un’occasione per tutti di ampliare la propria conoscenza, iniziando dai documenti storici fino alle differenti esperienze antropologiche. In classe non si parla dell’esperienza religiosa personale, ma si punta alla crescita culturale, senza richieste di adesione di fede. Gli insegnanti sono persone preparate e competenti, «esponenti di una Chiesa che attraverso di loro si mette a disposizione della scuola, riconosce la sua autonomia, indossa il grembiule servendo il bene comune e rispondendo all’invito del Concilio Vaticano II».

E proprio loro sono i destinatari della nuova intesa tra Stato e Chiesa che porterà alla realizzazione di un prossimo concorso per l’immissione al ruolo nelle scuole pubbliche statali, che sarà anche il primo dopo quello bandito dallo Stato italiano nel 2003.

Venerdì scorso il ministro Valditara ha firmato il decreto sulle procedure concorsuali straordinarie riservate agli insegnanti di religione cattolica che, nei prossimi giorni, si potranno conoscere in modo adeguato e applicare nelle singole realtà.

«L’insegnamento della religione spinge ad andare alle radici della nostra civiltà, costituendo un’occasione di confronto e dialogo su principi etici e morali che da sempre accompagnano le civiltà nel loro cammino. L’Irc è patrimonio di tutta la scuola, uno spazio di libertà in cui i giovani si sentono ascoltati e in cui affrontano temi che altrimenti non avrebbero la possibilità di approfondire.»

Giuseppe Valditara

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