Giorgio Armani: l’eleganza di essere generoso

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Il lutto. Lo stilista è morto giovedì scorso all’età di 91 anni. Nato a Piacenza, aveva il suo buen retiro tra Broni e Cigognola, nella Villa Rosa, dove tutti lo ricordano per la gentilezza e i modi signorili, dall’infermiera Mara Brandelli, al meccanico Marco Filighera, a Laura Buzzetti della pasticceria Indipendenza

DI MARCO REZZANI

Non lo vedremo più la domenica mattina, seduto a un tavolino del bar Indipendenza, in pieno centro a Broni, con l’inconfondibile outfit t-shirt e pantaloni blu navy. Giorgio Armani se ne è andato a 91 anni giovedì 4 settembre. Era nato a Piacenza nel 1934 e nel Piacentino ha desiderato tornare per l’ultimo viaggio, nel piccolo borgo di Rivalta, sulla strada che porta a Travo e Rivergaro, in quella amata val Trebbia che gli ricordava la fanciullezza e l’adolescenza, dove riposano il fratello e i suoi genitori. Se ne è andato “re Giorgio” facendo ciò che gli piaceva di più, lavorando, occupandosi della sfilata in programma all’Accademia di Brera il prossimo 28 settembre per i cinquant’anni della sua carriera, iniziata da una vetrina della Rinascente e costellata da una serie di idee, una più azzeccata dell’altra, che ne hanno fatto un’icona dello stile a livello mondiale. I jeans con l’aquila sulla tasca posteriore erano per noi, “ragazzi degli anni Ottanta”, un “must” tanto desiderato! Eppure Armani appena poteva veniva in Oltrepò, tra Broni e Cigognola, nella sua Villa Rosa, un buen retiro dove poteva «vedere la luce», come dichiarò in un’intervista rilasciata a T, il magazine del New York Times. Una grande magione con 26 stanze, di circa 14 mila metri quadrati, su due piani, rosa, un’imponente facciata finemente decorata, circondata da un enorme parco con un laghetto, il regno dei suoi animali, per lo più esotici: pappagalli sudamericani, guanaco, zebre, lama, alpaca, cervi… senza dimenticare gli immancabili cani. «Ora sono un custode dello zoo» – le parole dello stilista al quotidiano statunitense. Uno scrigno d’arte, con un enorme Tiepolo nella sala da pranzo e molte altre opere. Ma prima di essere “Villa Rosa”, per la gente di Broni, di Cigognola, di questa porzione di terra pavese, è sempre stata la “Villa del Conte Cella”. Già, perché a farla costruire, addirittura a curarne il progetto, fu il conte Franco Cella di Rivara, nato a Broni il 22 febbraio 1913 e prematuramente scomparso a 61 anni nel 1974, sindaco della cittadina dal 1956 al 1960, autentico mecenate della comunità bronese, imprenditore di successo, antesignano per i tempi, creatore del dentifricio Durban’s che, grazie a una vincente campagna pubblicitaria, ebbe un successo internazionale. Dal suo animo generoso nacque nel 1961 la Fondazione che porta il suo nome. La volle per assistere le persone anziane e sole e negli anni è diventata un presidio di grande eccellenza nel campo delle cure e dell’assistenza. Luigi Ghisleri ne è l’attuale presidente ed è il nipote del conte, il figlio della contessa Adriana, figlia di Franco. «Il nonno in persona – racconta – progettò la villa, ne curò addirittura il disegno. La costruzione terminò negli anni Cinquanta. Tanto per rendere l’idea del personaggio che era il nonno e della passione che mise nella realizzazione della casa, le dico che non aveva la pazienza di veder crescere gli alberi e allora nel lungo viale del parco volle che si piantumassero piante già molto cresciute, con un impegno economico notevole». «In quella villa – continua Ghisleri – ho ricordi bellissimi, tutte le vacanze della mia infanzia le ho trascorse lì, in quelle camere, in quel bellissimo parco». Alla fine degli anni Ottanta la mamma Adriana la volle vendere. Il nonno era mancato ed erano gli anni bui del terrorismo con il Paese in preda a forti preoccupazioni, anche di natura economica. Ed è qui che entrò in gioco Armani che acquistò l’immobile di cui venne a conoscenza a seguito di un’importante asta di arredi e quadri. «La mia famiglia – conclude – non ha mai intrattenuto rapporti diretti con Armani. Personalmente ho contatti con chi si occupa delle proprietà della Maison che mi ha sempre tenuto aggiornato, ovviamente nel rispetto della riservatezza, dell’evoluzione della villa, ad esempio del fatto che il grande parco è diventato una vera e propria oasi naturale con tante specie rare di animali». A Broni in questi giorni non si è parlato d’altro. Addirittura i giornali hanno ventilato l’ipotesi che il funerale di Armani si tenesse proprio qui. D’altronde in molti dicono di averlo incontrato. In tutti il ricordo di un uomo elegante, umile e generoso. E così dai racconti emerge un profilo che forse non immaginavamo. Come nel caso di quel suo dipendente morto in giovane età a seguito di un incidente stradale con una famiglia da mantenere, rimasta sulle spalle della moglie. Non ci pensò due volte il grande stilista e provvide a estinguere totalmente il mutuo della famiglia così che la vedova potesse guardare al futuro con maggiore serenità. Ma volle che non se ne desse notizia pubblica. O ancora la testimonianza di Mara Brandelli, l’infermiera chiamata per le punture: «Non nascondo di essermi trovata un po’ in soggezione. Ma fu lo stesso Armani a mettermi a mio agio. Ne ricordo la sua estrema signorilità, la sua delicatezza e la sua generosità. Terminato il ciclo di iniezioni mi fece recapitare a casa alcuni profumi della sua collezione e un orologio». O il meccanico Marco Filighera: «Stavo riparando un’Apecar nella sua tenuta e a un certo punto me lo vedo arrivare. “Allora non va?”, mi chiese, offrendosi di porgermi gli attrezzi del mestiere. Prima di salutarmi con tanta semplicità non mancò di dirmi che la piscina della villa era a disposizione quando avessi voluto. Bastava che glielo dicessi un po’ prima!». A proposito… la “Vasca di Cigognola”, un invaso artificiale frequentatissimo dagli appassionati della pesca, fu acquistato da Armani e poi da lui ceduto all’associazione sportiva che si occupa della gestione. E proprio Giorgio si chiama il bellissimo cigno nero che abita la vasca, in suo onore. Il Comune di Cigognola, il giorno dei funerali, ha proclamato il lutto cittadino. Così anche la città di Piacenza che non dimentica la donazione di 2 milioni di euro per l’ospedale nel periodo del Covid. «Era diventato uno di noi, uno di famiglia» – afferma Laura Buzzetti, titolare della pasticceria “Indipendenza” nella centralissima piazza Garibaldi di Broni, in un elegante edificio in stile liberty, famosa ben oltre i confini della città per il pregio dei suoi prodotti che da oltre cento anni deliziano i clienti tile con tutti, “giù alla buona” come diciamo noi, di un’umiltà che solo i grandi riescono a esprimere. Al venerdì spesso arrivava in bicicletta, la lasciava nel cortile dietro alla pasticceria e andava a fare il mercato. Prima di ripartire per Villa Rosa un passaggio in negozio e un saluto. Sempre con garbo». «Nel corso degli anni – conclude – siamo diventati amici anche con i suoi assistenti che spesso lo accompagnavano. Anche da loro sempre parole di affetto e di ammirazione, non tanto e non solo per il datore di lavoro, ma soprattutto per il loro “signor Armani”. Ci mancherà, ci mancherà il suo stile, siamo molto dispiaciuti per la sua scomparsa. Lo ricorderemo». «Eleganza non significa farsi notare. Significa farsi ricordare». È una delle frasi di Giorgio Armani ed è, in fondo, il ricordo di quanti, anche a casa nostra, lo hanno incontrato.

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