Erano i capei d’oro…

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Anno nuovo, rubrica nuova, o meglio rinnovata: da questo numero Pianeta giovani si trasforma in Siamo donne. In accordo con il Direttore, è stato privilegiato un taglio nel quale possano trovare spazio le voci femminili delle varie fasce di età, in merito a svariati argomenti. Parleremo a 360 gradi degli aspetti della femminilità esteriore ed interiore, ma terremo anche uno sguardo, tagliente come solo noi signore sappiamo, sulla realtà contingente. Sarei felice e onorata se qualche lettrice o lettore volesse interagire, scrivendo una mail direttamente a me o al giornale: potremmo instaurare un dialogo che ci permetta uno scambio costruttivo o divertente di opinioni, eludendo l’isolamento nel quale siamo a tutt’oggi costretti a vivere.

Ed eccomi quindi, per iniziare con un po’ di leggerezza, a soffermarmi su un aspetto che da millenni rappresenta la croce e la delizia delle donne, e in tempi recenti anche degli uomini: la capigliatura. Dalla poetica provenzale in poi e anche grazie al nostro Petrarca, i «capei d’oro a l’aura sparsi» sono stati stigmatizzati canone assoluto di femminilità: questo spiegherebbe anche il motivo per il quale, nei vari Dpcm che ormai escono con la stessa cadenza dei volantini pubblicitari dei supermercati, i parrucchieri e i barbieri siano stati esentati dalle chiusure che hanno coinvolto gli esercizi commerciali.

È probabile che si paventasse una novella marcia su Roma, capitanata da manipoli di signore imbufalite per l’incipiente ricrescita sulla tinta.

Per quanto mi riguarda non ho problemi particolari con la capigliatura, essendo stata dotata da madre natura di un casco di spaghetti che raramente richiedono cure: data l’età e non potendo emulare Isabella d’Este che si intrecciava fili d’oro tra le chiome per nascondere i capelli bianchi, l’appuntamento con i colpi di sole (o mèches, come erano definiti negli anni ’60) è divenuto più frequente. Ho deciso che, quando la canizie sarà totale, virerò su un taglio corto e su una tinta blu cobalto, come la compianta Lucia Bosè. Le tinture costituiscono lo “zoccolo duro” delle prestazioni richieste ai parrucchieri: è sufficiente stazionare in un salone per un paio d’ore per notare come, dai 14 ai 100 anni, le donne si destreggino tra variegate tonalità cromatiche, offerte da palette da far invidia alle tavolozze degli impressionisti.

Ho scoperto che il biondo sui capelli castano chiari può essere ottenuto senza ossigeno, sfruttando le proprietà dell’aloe vera: mia figlia si è buttata su questa innovazione; è rimasta dalla parrucchiera per 4 ore e, quando stavo per andare a verificare se per caso fosse stata risucchiata da qualche phon impazzito, si è palesata con meravigliose ciocche color grano maturo, di grande impatto ma che, per la spesa richiesta, conferiscono un concreto significato ai “capei d’oro”.

silviamalaspina@libero.it

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