Champions, non ti resisto!

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Di Arianna Ferrari e Andrea Rovati

LEI

La mia memoria è fallace ma credo di aver già scritto che non sono molto appassionata di sport soprattutto quelli che piacciono ai maschi e, giusto per dirne uno, il cal- cio. Da altre discipline invece, in particolare quelle giocate alle Olimpiadi, mi sento attratta con trasporto variabile in base alle gare disputate. Sarà che queste competizioni non si vedono mai in tv e io non ho mai pagato né conces- so che si facesse un abbonamento per canali sportivi. Non solo per taccagneria ma perché prima (forse) dovremmo comprare un televisore che sostituisca il primitivo dispositivo che abbiamo. Comunque, indipendentemente dalle mie preferenze, devo dire che anche se non sono predisposta, quando vedo impegno, sforzo e passione in qualunque attività, mi infervoro. La premessa è che non tengo a nessuna squadra (tranne ai San Francisco 49ers nel football americano), perciò sono ignorante in materia e dovrei astenermi da commenti. Ma (ce n’è sempre una) qualche sera fa la partita di Champions mi ha infiammata. Da lì è iniziato il calvario del povero Andrea. Una moglie (che non ne sa niente) inizia ad agitarsi come un’ossessa, si improvvisa cronista sportiva, chiede delucidazioni sul fuorigioco che, anche se spiegato cento volte con tanto di disegno e simulazioni con cuscini e telecomandi per capire le posizioni, non lo comprende. Fa niente. Ho dato il meglio di me manco fossi Sandro Ciotti. La serata si è conclusa con una tisana calmante. Io per agitazione, Andrea per disperazione.

arifer.77 [at] libero.it

LUI

Nel labirinto della vita tutti abbiamo bisogno di sapere chi siamo e ciò parte dai pilastri dell’identità con le grandi questioni ma passa anche da dettagli meno rilevanti benché preziosi. La passione sportiva na- sce nell’infanzia, quando facciamo la prima (o una delle prime) scelta della nostra esistenza. C’è anche lo sport praticato, ma è un’altra cosa: dipende dal talento, dalla forma fisica e dalla voglia assai altalenante (Homer Simpson docet). Invece quella decisione presa da piccoli tocca corde diverse e più profonde: ci donerà l’appartenenza a un clan, una risorsa potente specie per un bambino, ma sarà irreversibile, non potremo più tornare a quel bivio e prendere una strada diversa, resteremo legati agli stessi colori per sempre, indipendentemente da come si svolgerà la nostra vita e pure dalle fortune della nostra squadra. Arianna la pensa diversamente e ha una visione più ecumenica ma per me sport vuol dire calcio e poi, molto poi, tutto il resto; nessuna disciplina riesce a farmi trepidare, preoccupare e gioire come il calcio al punto che lo guardo poco, è emotivamente troppo faticoso, è così viscerale che lo devo dosare con moderazione. Era meglio che non vedessi Inter-Barça; doveva essere una partita piuttosto neutra (non sono nerazzurro, anzi mi era venuta pure un po’ voglia di gufare) e invece mi sono trovato sul Blue Tornado di Gardaland per tre ore con le budella in subbuglio. W il calcio, ma ora c’è il Giro d’Italia e la sera della finale guarderò un film.

andrea.rovati.broni@gmail.com

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