Amiamo le cose buone. I nostri prodotti sull’Arca del Gusto

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Anche la fagiolana della Val Borbera fa parte della ricerca di Slow Food che valorizza l’agricoltura familiare

Il ritorno del tanto atteso festival “Dolci Terre di Novi” al centro fieristico novese, dopo due anni di stop a causa della pandemia, ha portato con sé diverse novità. Lo scorso fine settimana, durante la rassegna, Slow Food ha organizzato due eventi collaterali nella vicina sede del Museo dei Campionissimi. Sabato 3 dicembre si è svolta la tavola rotonda “Naturale, è vino”, durante la quale è stato presentato il libro Il grande racconto del vino italiano che vede come autori Joe Bastianich e Tiziano Gaia.

Il mattino seguente è stata presentata una serie di progetti dal titolo “Il nostro territorio: nuove esperienze di comunicazione e valorizzazione”. Un appuntamento durante il quale si è parlato della valorizzazione della tipica “fagiolana” della Val Borbera. La “fagiolana” è coltivata in una zona che comprende i comuni di Albera Ligure, Cabella Ligure, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Rocchetta Ligure, Grondona, Mongiardino Ligure e Roccaforte Ligure. È una varietà rampicante di fagiolo importata nel ’500 dalla Spagna per opera della famiglia Spinola. Ha colore bianco avorio più o meno lucente o opaco. Nella maggior parte dei casi, la superficie del seme è liscia. Questi legumi sono tutelati an-che da Slow Food, che li ha inseriti all’interno dell’Arca del Gusto, un catalogo di prodotti del territorio che meritano di essere preservati e valorizzati per non rischiare che scompaiano. La biodiversità agroalimentare e l’agricoltura familiare e di piccola scala, infatti, sono in pericolo in tutto il mondo, a causa dell’industrializzazione dell’agricoltura, dell’erosione genetica, della trasformazione degli stili alimentari, dei cambiamenti climatici, dell’abbandono delle aree rurali, delle migrazioni e dei conflitti. L’Arca del Gusto di Slow Food serve a riscoprire prodotti di nicchia, a riportarli sulle tavole, a raccontarli e a sostenere i produttori come nel caso delle fagiolane la cui presenza e coltivazione risale a tempi remoti in Val Borbera, come è stato documentato da studi storici locali. Si possono distinguere due tipologie di fagiolane: la poco nota ma finissima “quarantina”, più precoce e piccola, a buccia molto sottile bianco candida; e la “tardiva” o “Bianca di Figino”, più grossa, la cui buccia color avorio è più spessa e può presentare venature scure.

La coltivazione avviene tra maggio e ottobre ed è effettuata rigorosamente a mano in tutte le fasi. Dopo la semina (che va da metà aprile a metà maggio) occorre posizionare dei supporti per dare sostegno alle piante man mano che crescono: in genere si utilizzano pali di frassino o castagno (trape) oppure una rete. Molto sensibili a bruschi cali di temperatura, le piante di fagiolana necessitano di una costante e abbondante irrigazione; la raccolta avviene quando i baccelli sono secchi. In cucina la fagiolana offre le sue migliori performances in insalate e contorni in umido, e questo grazie alla consistenza uniforme.

A Cascina Barban, ad Albera Ligure, si coltivano ancora questi tipici fagioli, anche se, come spiega Martina, ormai solo per l’uso familiare perché la loro produzione richiede molta cura e soprattutto molta acqua e con la siccità degli ultimi anni è diventato difficile ottenere una quantità elevata di prodotto. In cucina si prestano benissimo alla preparazione di fresche insalate e sono molto adatti per accompagnare la trippa o il minestrone nelle fredde sere invernali.

Daniela Catalano

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