Stampa: aggressioni e minacce
Di Ennio Chiodi
Carlo Casalegno era un giornalista coraggioso. Vice direttore del quotidiano La Stampa, denunciava caparbiamente con la sua rubrica “Il nostro Stato” il clima di terrore che sul finire degli anni ’70 caratterizzava la vita del Paese, sconvolto dalla serie di giornalieri vigliacchi attentati delle Brigate Rosse. Chiedeva fermezza e attenzione di fronte a una escalation, che appariva senza fine, nonostante l’atmosfera di intimidazione che accompagnava la vita di ognuno di noi in quegli anni. Fu ucciso nel novembre del 1979 nell’androne della sua abitazione torinese con diversi colpi di pistola in pieno volto da un nucleo di terroristi brigatisti di cui faceva parte anche Patrizio Peci, che poi si dissociò, dopo l’arresto avvenuto nel 1980. Non gliela perdonarono i suoi compagni di “lotta armata” che, non potendo colpire Patrizio, sotto protezione, uccisero nel 1981 suo fratello Roberto, dopo averlo rapito e sottoposto per 55 giorni agli interrogatori di quei lugubri “tribunali del popolo”. Una tremenda vendetta trasversale, ma anche un “monito”, una minaccia per altri eventuali “pentiti”. “Monito” è una parola che può suonare tetra e minacciosa. L’ha pronunciata, non so quanto inconsapevolmente, Francesca Albanese, un personaggio che si aggira indisturbata per diversi salotti televisivi e che ha ricevuto onori anche da sindaci e istituzioni. Albanese è una funzionaria delle Nazioni Unite che si occupa di Palestina e di Gaza in particolare, trasformando legittime preoccupazioni d’ufficio, in ambigue requisitorie per le quali è stata anche accusata di antisemitismo. «Condanno la violenza, ma che sia “monito” per i giornalisti perché tornino a fare il proprio lavoro» – ha detto Albanese, commentando il gravissimo assalto, venerdì scorso, proprio alla redazione de La Stampa da parte di un gruppo di facinorosi estremisti, durante una manifestazione pro Gaza: si sono accaniti su computer, libri e scriva- nie e hanno lasciato sui muri scritte che tanto ci ricordano slogan di BR e dintorni: “Giornalista, fascista, sei il primo della lista” non suona per nulla bene, di questi tempi. “La non violenza e la verità sono inseparabili e si presuppongono a vicenda” – ha scritto il direttore del giornale, Andrea Malaguti, citando Gandhi. Intolleranza, ideologia, ignoranza e memoria troppo corta sono tra i pericoli più evidenti e più sottovalutati. Assalire fisicamente o politicamente i giornali, le radio, le televisioni, comunque la si pensi, significa privare le comu- nità di strumenti di libertà. Impadronirsi del controllo dei mezzi di informazione, antichi e moderni che siano, è sempre stata la prima preoccupazione dei regimi autoritari nel passaggio dalla democrazia alla dittatura o a qualcosa che le assomigli.
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