Le parole della consapevolezza
Fine vita. Nella quinta puntata del nostro approfondimento sul tema in collaborazione con il Meic di Tortona, vi forniamo un mini-vocabolario sui termini più ricorrenti all’interno del dibattito: 11 voci che ci aiutano a capire
DI LUISA IOTTI
Alla ripresa delle riflessioni sul “fine vita”, dopo gli interventi specialistici ospitati da Il Popolo nei mesi scorsi, può essere opportuno un piccolo “vocabolario”. Riprendere e definire esattamente alcune delle espressioni ricorrenti può essere utile per entrare, con consapevolezza, nella complessità della materia e partecipare al dibattito, che è in corso anche a livello nazionale e spesso assume toni accesi e posizioni polarizzate; queste non aiutano a capire, anzi generano confusione e rischio di fraintendimenti. Ecco, dunque, una breve raccolta di definizioni, senza pretesa di esaustività; per l’approfondimento si rinvia ai preziosi documenti del Magistero, Samaritanus bonus, 2020 e Dignitas infinita, 2024.
Accanimento terapeutico: è l’uso irragionevole di trattamenti medici inutili o sproporzionati, che non apportano beneficio al paziente, anzi ne aumentano le sofferenze. La rinuncia a questo tipo di trattamenti è lecita anche per la Chiesa.
Autodeterminazione: è la capacità di una persona di decidere autonomamente e liberamente sulla propria esistenza, sul proprio corpo e sul proprio futuro, senza imposizioni esterne o coercizioni.
Consenso informato: è l’accettazione che il paziente esprime a un trattamento sanitario, in maniera libera, dopo essere stato informato su modalità di esecuzione, benefici, effetti collaterali, rischi ragionevolmente prevedibili, eventuali alternative.
Curare e prendersi cura: il curare è un’azione clinica, volta a risolvere un problema biologico specifico; il prendersi cura va oltre l’intervento tecnico del curare e include aspetti psicologici, emotivi e relazionali, focalizzandosi sul benessere complessivo della persona attraverso l’ascolto, l’empatia e il supporto umano.
Cure palliative: sono un approccio medico-assistenziale che migliora la qualità della vita di persone con malattie inguaribili e delle loro famiglie, attraverso la gestione e il sollievo dalla sofferenza fisica, psicologica e spirituale. Non mirano a guarire o accelerare la morte, ma a fornire cura, dignità e supporto, offrendo cure personalizzate e preventive del disagio. Sono approvate dalla Chiesa come espressione di carità.
DAT: le Disposizioni Anticipate di Trattamento o “testamento biologico” sono regolamentate dall’art. 4 della Legge 219/ 2017, che prevede la possibilità per ogni persona, purché maggiorenne e capace di intendere e volere, di esprimere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari.
Eutanasia: dal greco antico, composto dal prefisso ευ (bene) e dal tema θανατος (morte), significa “buona morte”; è l’atto di porre fine deliberatamente alla vita di una persona in gravi condizioni di salute, allo scopo di alleviarne le sofferenze. La Chiesa la considera un crimine contro la vita umana; al momento, non è legittimata dall’ordinamento italiano.
Incurabile e inguaribile: non sono sinonimi, perché incurabile è una malattia per cui non esiste una cura definitiva e completa, mentre inguaribile è una patologia non più suscettibile di cure, ma anche quando la guarigione è impossibile o improbabile, la cura medico-infermieristica, psicologica e spirituale è un dovere ineludibile; per la Chiesa vale il principio “guarire se possibile, aver cura sempre”.
Suicidio assistito: è la procedura in base alla quale un terzo, di solito un medico, prescrive o fornisce un farmaco in grado di provocare la morte, farmaco che il soggetto assume in maniera libera e autonoma. In Italia non è ancora normato da una legge, ma è consentito, in determinate circostanze, dalle sentenze n.242/19 e 135/24 della Corte Costituzionale; la Chiesa ribadisce il valore inviolabile della vita.
(Nella foto:Don Renato Laffranchi, Verso il tuo cuore)