Le due mamme di Garlasco
Di Silvia Malaspina
Care le mie Rita Preda ed Elisabetta Ligabò, siete le mamme coinvolte in prima persona nel “delitto di Garlasco”, sul quale nelle ultime settimane si sono riaccesi i riflettori: Rita, mamma della compianta Chiara Poggi ed Elisabetta, mamma di Alberto Stasi, a oggi giudicato l’unico colpevole di quell’atroce crimine avvenuto il 13 agosto 2007. Vi ho pensato molto, care mamme, perché su di voi pesa come un macigno incommensurabile un dolore che mi riesce difficile immaginare tollerabile da un cuore umano. Cara Rita, Papa Francesco affermava che non esiste la parola giusta per definire lo strazio di perdere un figlio ma, se per assurdo volessimo stilare una classifica dei gradi di dolore, credo che perdere una figlia a causa di una repentina morte violenta, che non avresti mai potuto raffigurarti nemmeno nel peggiore dei tuoi incubi, sia un evento che ti qualifichi come eroina per il solo fatto di aver continuato a vivere ed essere rimasta sana di mente. In questi giorni, cara Rita, tanto sale è stato sparso sulla tua ferita: credo che negli anni sarai riuscita a portare avanti una parvenza di normalità, perché il tuo dolore aveva un colpevole; hai dichiarato che non riuscivi umanamente a perdonare Alberto Stasi, ma che pregavi per lui. Ora, con gli ultimi sviluppi giudiziari di questa intricata e a tratti surreale vicenda, ti sarà parso di riprecipitare nell’abisso della disperazione più nera. Dall’altro lato di questa scia di sangue e dolore abbiamo te, cara Elisabetta, che non hai mai dubitato dell’innocenza di tuo figlio Alberto: le tue recenti dichiarazioni sono quelle di una tigre che difende la prole: «Quello che sta venendo fuori è sconvolgente. È stata un’indagine in una sola direzione, fin dall’inizio Alber- to si è sempre dichiarato innocente e adesso la verità sta finalmente venendo a galla». Non oso pensare al tuo stato d’animo: se muore un figlio, il cuore di una mamma le suggerisce di seguirlo, ma se un figlio viene condanna- to per omicidio e incarcerato, il cuore di una mamma si spacca in mille pezzi e il suo cervello si arrovella nel pensare: «Perché l’ha fatto? Dove ho sbagliato? Potevo evitarlo?». Tu, cara Elisabetta, sei rimasta salda nel ribadire l’estraneità di Alberto e oggi, alla luce di quanto sta emergendo, mi viene il dubbio che l’infallibile istinto materno che rende universalmente valido il motto “una mamma lo sa”, possa essere valido anche in questo caso. Cosa augurarvi, care mamme? Una verità limpida e definitiva per Chiara e Alberto e una pace duratura per voi e le vostre famiglie.
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