Bruno for ever and ever

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Di Silvia Malaspina

Caro il mio Bruno Vespa, da un po’ di tempo non ti seguivo in TV, complice il fatto che il tuo talk show vada in onda in seconda serata, in un momento in cui Morfeo mi alletta molto più di te, ma, in occasione del recentissimo Conclave, ti ho riscoperto e, come succede con l’andare in bicicletta, mi è parso di non averti mai abbandonato. La tua longevità televisiva, caro Bruno, rasenta il Guiness dei primati: lavori in Rai dal 1962 e dal 1996 sei alla guida di quel Porta a Porta che è ormai diventato un monumento della televisione italiana, al pari del Festival di Sanremo o delle partite della Nazionale. Alla soglia degli 81 anni, che compirai il prossimo 23 maggio, non mostri segni di cedimento: a Tommaso Labate che sul Corriere della Sera ti chiedeva se avessi intenzione di ritirarti prima o poi, hai ardimentosamente risposto: «Il giornalismo si fa con la testa, che ancora funziona bene. Il ritiro lo deciderà il mio editore di riferimento: il Padreterno». In effetti, caro Bruno, in occasione del Conclave, ho notato che hai affrontato la maratona televisiva con una resistenza, professionalità e capacità di ovviare agli inevitabili imprevisti della diretta (ineguagliabile la surreale intervista al presunto sarto del nuovo Pontefice!) da far invidia a giornalisti ben più giovani e dando filo da torcere, in termini di audience, al tuo principale concorrente, il sempre riccioluto Enrico Mentana che, all’annuncio dell’“Habemus Papam”, si è mostrato visi- bilmente sollevato e un po’ affaticato, forse per il troppo saltellare da un parte all’altra dello studio. Grazie alla sapiente scelta degli ospiti, molto esperti in materia di elezioni pontificie e che hanno dibattuto con toni mai sopra le righe, sembra che Porta a Porta si possa ora fregiare anche di essere un satellite della sala stampa vaticana, oltre che dell’ormai collaudato titolo di “Terza camera del Parlamento”. Direi che ti possa ritenere pienamente soddisfatto e che possa pensare alla progettazione del prossimo plastico da esibire a illustrazione del tema trattato: devo ammettere che con il modello in tre D della Cappella Sistina ti sei superato, raggiungendo l’apice quando ci hai mostrato l’esatta collocazione delle stufe, spiegandoci il procedimento di accensione e le modalità che determinano il colore dell’attesa fu- mata. Hai però, caro Bruno, commesso una svista: nel plastico mancava il tetto e quindi anche l’ormai mitico gabbiano, diventato parte integrante del cielo sopra San Pietro. Mi auguro che non incolperai qualche collaboratore della tua redazione: a una certa età, una piccola dimenticanza rientra nel corso naturale degli eventi!

silviamalaspina [at] gmail.com

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