Sale e scende la marea

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Di Silvia Malaspina

Cari i miei Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo, il 1° dicembre è approdata su Rai Uno la serie da voi diretta, che narra le vicende liberamente ispirate alla saga scritta da Emilio Salgari tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento con protagonista il pirata maltese Sandokan. La messa in onda ha macinato record di ascolti: le prime due puntate hanno riportato il 33,9% di share e anche il prosieguo ha strapazzato la programmazione della variegata concorrenza. Devo confessarvi, cari registi, che ho ceduto alla visione solo in differita, approfittando di una congiunzione astrale favorevole e molto rara, che mi ha reso sovrana assoluta del divano e del telecomando. Ricordo bene lo sceneggiato (allora si chiamava così!) televisivo Sandokan diretto da Sergio Sollima sempre per la Rai, che nel 1976 ebbe un successo clamoroso: Sandokan era impersonato dal magnetico Kabir Bedi, che fece immantinente strage di cuori, mentre a noi bimbetti di seconda elementare apparve come un supereroe, brusco ma dal cuore d’oro, una sorta di Robin Hood esotico, pronto a battersi contro ogni ingiustizia. Oggi la sua incarnazione nel fisicatissimo attore turco Can Yaman, se da un lato ha fatto esclamare a buona parte del pubblico femminile «Mamma li Turchi!», dall’altro ha fatto storcere il naso a molti critici che, affetti da un inguaribile boomerismo, rimpiangono, come già avvenne per il remake di un altro storico kolossal, Il Gattopardo, la versione originale e lo definiscono una sorta di macchietta caricaturale della primitiva versione. Per quanto può valere la mia opinione di telespettatrice media, mi aspettavo di molto peggio: pur non condividendo del tutto il fervido entusiasmo di molte esponenti del gentil sesso, mi sembra che l’attore da voi scelto come protagonista, nonché il suo doppiatore, Adriano Giannini, adempiano a ciò che la trama richiede. Can Yaman ha dovuto impersonare un pirata, non Macbeth, pertanto è abbastanza ininfluente il fatto che non padroneggi il metodo Stanislavskij. Cari Jan Maria e Nicola, questa tendenza al rimpianto è decontestualizzata: la serie originale, di cui ho rivisto alcuni frame, appare oggi molto rallentata, con dialoghi da recita scolastica. Bisogna invece riconoscere al vostro prodotto, interamente girato in Italia, il merito di accennare a tematiche attuali: le rivendicazioni femministe della coprotagonista Marianna, la schiavitù, la colonizzazione, lo scontro culturale tra l’Indocina e l’Occidente. Per citare la sigla: “sale e scende la marea” ma Sandokan continua ad affascinare.

silviamalaspina [at] libero.it

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