“Open Day” al Centro Paolo VI di Casalnoceto

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Le riflessioni dell’ARIS sulla giornata del 19 ottobre

voluta dalla CEI

“Finalmente chi sparla senza vedere potrà, se vorrà, sincerarsi con i propri occhi quanto si usa troppe volte a sproposito il termine segregazione”. Così Padre Virginio Bebber, presidente dell’ARIS (Associazione Religiosa degli Istituti Socio Sanitari), sottolinea l’entusiasmo che accompagna i Centri di riabilitazione associati nel prepararsi a vivere l’open day della riabilitazione, sull’onda dell’iniziativa lanciata dalla Conferenza Episcopale Italiana.

“Crediamo fermamente nell’obiettivo fissato dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute – dice il presidente – accendere un’attenzione particolare dell’opinione pubblica sui luoghi di accoglienza, terapia e riabilitazione, specificamente rivolti a persone con disabilità mentale”.

Da notare l’adesione della quasi totalità degli istituti riabilitativi associati ARIS all’invito di don Massimo Angelelli, Direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Salute, ad aprire le porte delle strutture, nel caso del Centro “Paolo VI” di Casalnoceto venerdì 19 ottobre per “dare visibilità e la dovuta attenzione ad un mondo complesso e fragile, spesso liquidato entro i contorni del disagio che poco racconta e molto esclude delle realtà di senso e significato che ogni persona e ogni contesto possono esprimere”.

“L’opinione pubblica – prosegue Padre Bebber – a volte è messa di fronte a sporadici casi che, purtroppo si verificano in certe strutture, e si convince, o viene aiutata a convincersi, che il sistema sia molto più vicino alla segregazione che non all’accoglienza e alla cura. A parte il fatto che le porte delle nostre strutture sono sempre aperte, invitare tutti, nello stesso giorno, quanti vogliano sincerarsi di quale sia il clima che si vive nelle istituzioni che si richiamano ai principi ispirati dalla Chiesa Cattolica, significa cogliere un’occasione per dare conto del senso dell’accoglienza cristiana che guida il nostro operare nel mondo della sofferenza e della fragilità umana”.

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